Antonietta è andata oltre. Antonietta ha raggiunto una personale terza dimensione. Quei volti che restavano racchiusi, limitati a ciò che si vedeva e che anche in opere più recenti ancora si vedono, hanno trovato nuova espressione. La nuova dimensione apre alla fantasia, al vedere dietro, al vedere oltre. L’immaginario spersonalizza l’autore e personalizza l’osservatore. Le trasparenze sono l’immaginario. Le trasparenze dettano la nuova dimensione. Dietro le trasparenze ci sono i volti, c’è la bravura della pittura di Antonietta, ma c’è l’imprevedibile fantasticheria di chi guarda ed andando oltre le trasparenze si immerge nel proprio mondo. Io ho guardato, ho riguardato, ho memorizzato. Non è semplice esprimere le sensazioni generate da questa nuova Antonietta. Mi sono aggirato per le stanze dove lavora. È proprio luogo di creazione. Odori buoni, quelli di colori. Ti senti bene e dove ci si sente bene si potrà ottenere solo cose buone. So che si dovrebbe incontrare anche la soddisfazione, so che ci sono tanti tipi di soddisfazione, e tra questi c’è ne uno che non deve mancare: “la soddisfazione di creare”. Dissi una volta che è dono il saper creare, aggiungendo subito dopo che creare è anche sacrificio, ma come Minerva uscì dal cervello di Giove ed a Giove passò il mal di testa, così quella parte del creare che si chiama sacrificio è quella che da lustro al nostro operare. I volti di Antonietta Meneghini, quei volti usciti dal cervello, approdati su tele con colori spesso impropri, ma belli anche in questa improprietà. Volti che nella evoluzione pittorica si affacciano da meravigliose trasparenze. La capacità di non ripetersi, di dire sempre cose nuove come un interminabile ruscello di limpide acque trasparenti, gioiosamente trasparenti. Antonietta trova così spazi, spazi per se e spazi per chi guarda. Poi Antonietta trova tra la realtà e l’immaginario, un nuovo tratto epistemologico.
Maschere che vivono tra il greco Odeon e la Commedia dell’Arte. Maschere! Perchè maschere? L’uomo ha sempre cercato una dimensione diversa, l’uomo ha sempre cercato nell’aspetto una realtà che quasi sempre era immaginazione. La virtualità che spesso, molto spesso naufraga nella realtà. Il ciberfilosofo Baudrillard voleva spiegare che niente si può spiegare quando si voglia separare il reale dal virtuale, quando si voglia definire un tratto ben preciso ed inequivocabile di separazione. La pittura, quella pittura di Antonietta si presenta come una interpretazione di un sommo pensiero filosofico, l’uomo e la maschera, l’uomo e le maschere, la realtà ed il desiderio. Sono certo che l’osservatore, anche se non particolarmente attento, si fermerà ad ogni quadro. Prima lo guarderà da lontano, poi si avvicinerà come attratto da un convincimento e da un impagabile frenesia. Sono i particolari che generano l’opera, è l’insieme che fa esaltare i particolari. È gioia, la gioia di Antonietta, felice, felicissima di esserci, felicissima di esprimersi in un mondo che niente ha a che fare con l’umana quotidianità. Antonietta, da un mondo di lavoro, da un mondo di sport, alla fantasticheria. Provateci! Provateci con lei! Anche solo col pensiero.
Critico: UMBERTO RIVA
Marostica, Dicembre 2012